Un sapore deciso, così sapido da risultare quasi piccante. A dispetto del nome, di monacale non ha proprio nulla.
Presenza importante di forma allungata, ricoperto da una crosta gialla e ruvida che al tatto già promette grandi soddisfazioni.
Basta annusare per sapere che le aspettative non saranno deluse...”non fare il provolone” si dice.
Invece noi lo facciamo. E spieghiamo pure il perché.
LE ORIGINI
Il Re della tavola ha origini antiche: la sua produzione risale circa al 1700.
L’espansione urbana costrinse i pastori di Napoli a spostarsi altrove, verso i Monti Lattari, per continuare a produrre i formaggi sfruttando i vasti pascoli di quella zona.
I grandi mantelli utilizzati per ripararsi dal freddo pungente donano loro l’aspetto di monaci, ed è così che vengono identificati. Monaci che producono uno dei formaggi più conosciuti e apprezzati del territorio.
COME È FATTO
Pochi ingredienti, ma evidentemente quelli giusti: latte vaccino crudo di Agerola, latte vaccino crudo del territorio, caglio misto di capretto e vitello. Un pizzico di sale, minimo 6 mesi di stagionatura.
Il segreto della sua bontà è gelosamente custodito tra le mani dei casari, che tramandano i segreti della sua lavorazione di generazione in generazione, in un sistema a circuito chiuso di cui noi assaggiamo il prodotto finale…ma ad ogni boccone, chiudendo gli occhi, pensiamo che ne vale la pena.
Come per le persone, ogni forma è unica, ogni imperfezione è indice di genuinità.
E A TAVOLA?
Se c’è una cosa che Sua Maestà il Provolone ama è essere al centro dell’attenzione: occhio a piazzarlo al centro di una tavola imbandita, tenderà a rubare la scena a tutti.
La soluzione? Accompagnarlo a ingredienti che sappiano tenergli testa…la nostra pizza Monti Lattari lo vede in compagnia della riduzione di vino di Gragnano, provola affumicata e pancetta.
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